
Secondo i dati dell’indagine annuale Acri-Ipsos soltanto il 46% delle famiglie italiane oggi riesce a risparmiare. Molti cambiamenti sociali ed economici, ed anche demografici, hanno influenzato questa tendenza rispetto al passato e la difficoltà di arrivare a fine mese si fa sentire.
Coloro che consumano l’intero reddito sono il 34%, a fronte di un 13% che attinge ai soldi messi da parte per compensare le spese e non generare risparmio negativo. C’è, però, un 5% che per mantenere il tenore di vita ricorre a prestiti, un dato da tenere sotto osservazione.
Sono lontani i tempi del 1995 che ci consegnavano il primato di essere il popolo europeo più virtuoso con una capacità di risparmio a 2 cifre: ben oltre il 20%, in base alle rilevazioni Eurostat. Oggi, rispetto al 1995, in UE, ci troviamo al quattordicesimo posto.
Qual è la geografia del risparmio italiano?
Spicca Biella, seguita da Asti e Vercelli con rispettivamente percentuali del 15,51%, 13,64% e 13,62%, in confronto alla media nazionale dell’8,27%. Le province che, invece, accantonano meno sono Trapani (4,79%), Siracusa (4,66%) e Crotone (4,63%). Inoltre, un quarto del risparmio complessivo degli Italiani accantonato nel 2023 si concentra a Milano (11,55%), Roma (7,50%) e Torino (5,52% – Fonte: Indagine Unioncamere e Centro Studi Guglielmo Tagliacarne, dati 2023).
Quindi, province piccole-medie risparmiano di più, anche se nella torta complessiva pesano meno sull’ammontare, e questo apre alla riflessione su come i fattori che incidono sulla capacità di essere formichine sono diverse.
Quali variabili incidono sulla capacità di mettere da parte il denaro?
Dove la quota di laureati è superiore alla media il risparmio è più alto, così come aumenta dove l’indice di vecchiaia è superiore alla media nazionale: evidentemente è la qualità del reddito percepito ad impattare positivamente sulla capacità di risparmiare. Ma non solo.
Incide, poi, la composizione familiare, ovvero la demografia: la propensione al risparmio è più elevata, dove il numero dei componenti del nucleo è sotto la media nazionale.
Ai dati medi, però, si affiancano alcune eccezioni: Roma e Bolzano, pur avendo un reddito disponibile pro-capite superiore presentano una propensione al risparmio inferiore rispetto alla media nazionale. Mentre, in 18 province, di cui sei del Sud, è l’incertezza a spingere verso una maggiore prudenza, tenendo sotto controllo i conti e predisponendo un’uscita di sicurezza per gli imprevisti, pur disponendo di entrate inferiori. È chiaro che lo stile di vita, il sistema ambientale, elementi culturali e sociali, condizionano il risparmio reale, che non dipende solo dalla differenza tra reddito percepito e consumi effettuati, ma dalla lungimiranza di dedicare, prima, una quota del reddito al risparmio, spendendo il resto. Esempio virtuoso, in questa direzione è quello della provincia di Alessandria che ha un reddito pro-capite leggermente inferiore alla media nazionale e una capacità di risparmiare superiore di quasi il 50%, piuttosto che Avellino: -29% di reddito percepito e +26% di propensione al risparmio.
Nella graduatoria nazionale rispetto alla propensione al risparmio la Toscana è al sesto posto, preceduta dalla prima posizione del Piemonte, seguito da Lombardia, Emilia-Romagna, Liguria e Valle d’Aosta.
A quanto ammonta la ricchezza accumulata dagli Italiani?
Nonostante la tendenza a risparmiare meno rispetto al 1995, gli Italiani hanno una ricchezza accumulata importante, frutto delle generazioni passate e del sistema economico diverso in cui hanno vissuto: 6.000 miliardi di euro in case; 3.500 miliardi di euro in investimenti finanziari; 1.610 miliardi di euro in liquidità sui conti correnti e 300 miliardi di euro in quote residuali (Fonte: Banca d’Italia e Istat).
Numeri che mostrano una tendenza ad orientarsi verso beni rifugio e che denotano la necessità di fare quel balzo in avanti sul livello di cultura finanziaria, propedeutica a tutelare e a far crescere la ricchezza accumulata nel tempo proteggendo il suo valore reale.
Maria Luisa Visione