
Dopo aver trattato il tema del calo delle presenze turistiche della stagione estiva 2025, mostrando dati e contraddizioni, con l’obiettivo di stimolare il confronto con la vita quotidiana, affrontiamo l’aspetto più delicato legato all’aumento dei prezzi e all’adeguamento degli stipendi reali.
Partiamo da dati ufficiali. Secondo l’ultima rilevazione Istat ad agosto, in via preliminare, l’inflazione media decelera per effetto del calo dei prezzi dei beni energetici e di quello dei servizi di comunicazione. Eppure, i prezzi dei beni primari, di cui una famiglia non può fare a meno, non smettono di aumentare. È il carrello della spesa di tutti i giorni che costa: beni per la cura della casa e della persona, generi alimentari, spese quotidiane, frutta, verdura, pesce, carne. Si amplia anche la crescita dei prezzi dei servizi ricreativi, culturali, e dei trasporti.
In base alle stime provvisorie, in Italia l’inflazione acquisita per l’indice generale NIC per il 2025 è pari a +1,7%. Guardiamo indietro; nel 2024 l’inflazione media si è attestata all’1%, in riduzione rispetto al 5,7% del 2023 e all’8,1% del 2022, anno in cui la percezione del carovita di noi consumatori è stata elevatissima.
Di fatto, però, il prezzo reale dei beni e dei servizi è aumentato molto di più dell’indice medio, e senza scomodare le rilevazioni ufficiali, ognuno di noi, negli ultimi cinque anni, lo ha constatato. Pensiamo all’olio extra vergine di oliva, con aumenti del +80%, ma gli esempi potrebbero essere molti, così come diverse le ragioni.
Veniamo ai prezzi medi degli alloggi oggetto del tema vacanze; secondo i dati di Altroconsumo, in cinque anni, i costi dei B&B sono aumentati in media del 30%, quelli degli alberghi del 39%. Anche se visitare le città d’arte costa meno, rispetto al 2020 i prezzi di B&B e Hotel sono aumentati rispettivamente del 90% e del 70%. I prezzi delle città di mare sono aumentati meno, ma partivano da un livello più alto.
Allora, il punto è che, per la famiglia media, il costo della vacanza si innesta in un quadro più ampio, che ha visto aumentare i prezzi di tutti i beni e servizi, senza vedere una corrispondente crescita di stipendi e redditi per controbilanciare le uscite che corrono ogni mese.
Poi, conviene viaggiare in auto, anziché prendere l’aereo o la nave per le mete nazionali. Località bellissime come Villasimius, nonostante per un bilocale si spenda il triplo rispetto a cinque anni fa, rimangono mete preferite. In città come Firenze e Viareggio i prezzi dei bilocali sono addirittura scesi. Tornano in voga mete come Kenya, Madagascar, Egitto, e si contraggono i viaggi verso Spagna e Stati Uniti. Le tendenze di anno in anno si possono modificare e sono complici, certo, i prezzi più o meno convenienti delle mete estere.
Ma rimane il fatto che, dal 2008 al 2024, soprattutto in Italia, la leggera ripresa dei salari iniziata nel 2022 non è stata sufficiente a colmare la perdita di potere di acquisto accumulata negli anni precedenti. In particolare, nei due anni in cui l’inflazione è salita di più, gli stipendi sono cresciuti di meno, penalizzando i redditi più bassi. Tra il 2008 e il 2024 in Italia il salario ha perso potere d’acquisto reale (-8,7%), come è accaduto per Spagna (-4,5%), Regno Unito (-2,5%) e Giappone (-6,3%). A differenza dei salari tedeschi e francesi che sono aumentati in termini reali (Fonte: Rapporto mondiale sui salari 2024).
Allora, se tutto aumenta, ma i redditi non crescono in proporzione, ogni voce nel bilancio familiare pesa, e l’unica strada è quella di rivedere voce per voce, abitudini e stili di vita, cercando di ottimizzare i conti pur mantenendo un tenore soddisfacente. Un’operazione che bisogna fare mese per mese, utile per tutti, per avere consapevolezza e pianificare la spesa delle vacanze.
È chiaro che chi percepisce stipendi più bassi, avrà meno margine. Ma questo è un altro tema che si lega a quello della disoccupazione giovanile, alla necessità di efficaci politiche occupazionali, sociali e fiscali, che attengono al sistema e non alla responsabilità del singolo individuo.
Così come, è vero che una crescita dei prezzi così ampia in pochi anni ha in sé una componente speculativa, che non paga mai nel lungo periodo, perché ribaltare l’aumento dei prezzi sul consumatore finale troverà sempre un punto di rottura. E alla fine si perde tutti, mentre l’economia non cresce.
Spero di aver lanciato qualche interrogativo e qualche riflessione su quanto è importante non generalizzare e non arrivare in fondo quando parlano gli esiti, cercando di “comprendere prima” per agire.
Maria Luisa Visione