
Profonde trasformazioni demografiche, economiche e sociali interessano il nostro Paese. Un’evoluzione in corso da tempo, riconfermata nell’ultimo Rapporto Istat 2025.
Scende sotto i 59 milioni la popolazione residente, in diminuzione di 37mila persone rispetto all’anno precedente. Si conferma il processo di denatalità in corso con solo 370mila nascite e minimo storico del tasso di fecondità a 1,18 figli per donna; aumentano gli espatri all’estero dei giovani 25-34enni laureati con una perdita netta in 10 anni di 97mila giovani laureati; l’Italia si conferma tra i Paesi più longevi con una speranza di vita media alla nascita di 83,4 anni nel 2024.
In questo quadro demografico la struttura per età della popolazione invecchia e la presenza di sessantacinquenni è in misura doppia rispetto ai minori di 15 anni: è l’inverno demografico che non accenna ad arretrare. 4,6 milioni di ultraottantenni e un nuovo massimo di ultracentenari che superano i 23.500.
Trasformazioni che hanno come esito famiglie sempre più piccole, aumento dei single e riduzione di coppie con figli. Famiglie ricostituite, coppie di fatto, genitori soli che vivono con i figli e persone sole rappresentano oggi oltre il 41% del totale della popolazione. Si stima che gli over65 che vivranno da soli entro il 2043 saranno 6,2 milioni.
Vivono ancora a casa con i genitori il 63,3% dei giovani tra 18 e 34 anni, contro una media europea del 49,6%, con la conseguenza di ritardare la tappa dell’indipendenza economica e tutte le altre, fondamentali per la vita.
Livello di istruzione e competenze digitali restano sotto la media europea ed emerge come l’istruzione sia un fattore protettivo delle vulnerabilità. Infatti, la povertà colpisce il 13% delle famiglie con bassa istruzione, ma si riduce fino al 4,6% se il titolo di studio è il diploma. La povertà assoluta coinvolge nel 2023 l’8,4% delle famiglie, con circa 1,3 milioni di minori in povertà assoluta. Vulnerabilità economica che si diffonde anche tra chi lavora, a causa dei redditi insufficienti a garantire un tenore di vita adeguato. Quindi, la presenza di lavoratori a basso reddito è un altro elemento che non aiuta verso l’inversione della tendenza demografica in corso.
Si vive più a lungo ma come? Il Rapporto Istat 2025 evidenzia criticità nell’accesso ai servizi sanitari, con conseguente rinuncia a visite o esami clinici necessari per motivi economici, organizzativi o legati all’offerta. A rinunciare alle cure sono soprattutto le donne e i 45-54enni. In particolare, ha rinunciato alle cure il 9,9% della popolazione.
Inoltre, dal 2019 aumenta il disagio psicologico, interessando sia gli anziani che i giovani, mentre la disabilità nel 2023 riguarda 2,9 milioni di persone (il 5% della popolazione).
Le trasformazioni delineate hanno cambiato e continuano a cambiare la morfologia della nostra società.
Oggi convivono tra di loro almeno cinque generazioni ed il fattore più importante per ampliare le opportunità dei giovani rimane l’istruzione, elemento in grado di modificare le caratteristiche e le opportunità professionali, grazie all’investimento nel capitale umano.
Le nuove generazioni si confrontano con un mondo del lavoro dinamico in continua evoluzione produttiva e tecnologica, ed il loro scudo di protezione deve essere, indipendentemente dalle condizioni economiche della famiglia di origine, l’opportunità di migliorare crescita personale e professionale attraverso la formazione. Ancora permangono divari e disparità territoriali, ma per colmarli, la strada è quella di supportare i giovani nel dare il loro contributo senza dover posticipare la genitorialità, quando si desidera, e potendo mettere a frutto del loro Paese le competenze acquisite con una retribuzione adeguata.
La società cambia e forse è tempo di ripensare il modello economico sociale di riferimento riavvicinandolo, a mio parere, a quello della nostra Costituzione.
Maria Luisa Visione