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Luglio 1, 2025

Quanto è radicato il rischio povertà in Italia e come si è evoluto?

Maria Luisa Visione
martedì, 06 Maggio 2025 / Published in Povertà

Quanto è radicato il rischio povertà in Italia e come si è evoluto?

Dall’inizio di questa rubrica ho sempre dedicato spazio al fenomeno della povertà in Italia. Ogni anno l’Eurostat aggiorna i dati statistici e ci rappresenta una fotografia completa dei Paesi Europei.

Nel 2024 il 21% della popolazione dell’UE è risultata a rischio povertà, pari a 93,3 milioni di persone; un fenomeno che negli anni si è affermato senza avere la forza di regredire.

In Italia, sono cinque milioni le persone che ormai non riescono ad affrontare le minime spese di sussistenza, in particolare anziani, un dato che si è stabilizzato al 18,9%. Risulta povero il 9% dei lavoratori full time; il rischio, quindi, è salito anche per le persone impiegate a tempo pieno, a causa del costo della vita aumentato negli ultimi tre anni.

Dietro a questi dati si rintracciano le difficoltà occupazionali, le differenze salariali e le disuguaglianze di genere. Infatti, lo status lavorativo ha fortemente influenzato il tasso di rischio di povertà o di esclusione sociale. Rischio che permane ancora superiore per le donne rispetto agli uomini.

In sostanza, un italiano su quattro non è in grado di far fronte a cinque delle 13 spese contenute nell’indicatore Eurostat per quantificare il rischio: avere una casa adeguatamente riscaldata;affrontare spese impreviste; mangiare proteine almeno ogni due giorni; permettersi una settimana di vacanza; avere una connessione internet piuttosto che un paio di scarpe di ricambio. Il rischio povertà è collegato a quello della grave deprivazione materiale e sociale; ha radici nelle condizioni reddituali, mancanti o inferiori alla soglia di povertà, ma poi si evolve verso l’esclusione sociale per l’impossibilità di potersi permettere gli elementi considerati dalla maggior parte delle persone come desiderabili o addirittura necessari per avere una normale qualità di vita.

Le percentuali più elevate del fenomeno sono state registrate in Bulgaria (30,3 %), Romania (27,9 %) e Grecia (26,9 %); quelle minori in Slovenia, Cechia e Paesi Bassi (inferiori al 16%).

Quali sono i profili con maggiore probabilità di diventare poveri? Sono le donne, i giovani tra i 18 ei 24 anni, coloro che hanno un basso livello di istruzione e i disoccupati.

Oltre all’età è proprio il livello di istruzione ad avere un impatto significativo sulla povertà. Un aspetto sul quale mi sono sempre soffermata pensando ai bambini e alle nuove generazioni, private del diritto di alimentare e sviluppare il loro patrimonio più grande, ovvero il capitale umano. I numeri delle persone a rischio nell’UE nel 2024 parlano chiaro: percentuale del 33,9% per quelli con età pari o superiore a 18 anni e un basso livello di istruzione rispetto al 10,2% di quelli con un elevato livello di istruzione. Rischio, dunque, moltiplicato per ben tre volte e correlato al livello di istruzione. Per i disoccupati, addirittura, arriviamo al 66,6%. Sono statistiche che confermano evidenze che tutti sappiamo: la povertà è una conseguenza, occorre rimuovere la causa.

Anche se sono calati i minori a rischio povertà rispetto al 2023, a mio parere, la dinamica, almeno in Italia, è spiegabile con il fenomeno della denatalità che progressivamente incide sul totale della popolazione complessiva, in termini di numerosità.

Non sono dati di cui andare fieri, nei quali rintracciare alcuna positività.

In un Paese civile la povertà dovrebbe essere debellata e il mancato livello di istruzione non avere alibi di assoluzione.

Maria Luisa Visione

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