L’emergenza lavoro è sul tavolo del 2020 con nuovi sgravi fiscali finalizzati a incentivare le assunzioni dei lavoratori dipendenti. Un cambio di rotta verso la percezione del lavoro sicuro?
In effetti la formula “a tempo indeterminato” come strada futura da percorrere riguarda più di una misura. Forse è il segnale che non si vive solo di apprendistato e di contratti a termine?
Non sappiamo in che misura tali sgravi saranno in grado di assicurare un lavoro stabile agli interessati e che toppa metteranno al problema in Italia. Ma, a mio avviso, delineano un “ritorno” significativo alla necessità di dare stabilità lavorativa al sistema nel suo complesso e cercano di rispondere alle difficoltà delle imprese di sostenere l’alto costo del lavoro, anche se lo fanno in maniera tampone.
Vediamole nel dettaglio. Se un lavoratore si trova in cassa integrazione da almeno tre mesi potrà essere assunto a tempo pieno e indeterminato dando all’impresa, per un periodo di 12 mesi come agevolazione, la stessa aliquota contributiva riservata all’apprendistato, cioè il 10%. Nell’apprendistato l’aliquota agevolata si applica per i giovani tra i 15 e i 29 anni e ai datori di lavoro con un numero di dipendenti superiore a 9. Inoltre, tali aziende possono assumere giovani tra i 15 e i 25 anni con l’azzeramento dei contributi per i primi 36 mesi di lavoro, con un contratto di apprendistato di primo livello e il diploma professionale; successivamente mantenere l’aliquota contributiva del 10%.
Gli under 35 beneficeranno ancora dello sgravio fiscale triennale dei contributi del 50% (limite di 3.000 euro annuali per un anno) e, attenzione, per i giovani del Sud il beneficio diventa pari al 100%, purché si tratti di contratti indeterminati o stabili.
Accanto ai giovani c’è la misura riservata agli over 50, uomini e donne, in disoccupazione da più di un anno che consente ai datori di lavoro privati di applicare lo sgravio contributivo del 50% per 12 mesi in caso di contratto a termine e di 18 per quello a tempo indeterminato.
Se si percepisce il reddito di cittadinanza l’incentivo è trasformare in assunzione a tempo pieno e indeterminato il beneficio, esonerando lavoratore e datore di lavoro dal versamento dei contributi (con esclusione dei contributi Inail) nel limite del reddito di cittadinanza mensile che spetta al lavoratore all’atto dell’assunzione (tetto di 780 euro e durata massima 18 mesi).
Anche le competenze vengono premiate con il cosiddetto “bonus eccellenze” riservato ai promettenti giovani under 30 con laurea specialistica, punteggio 110 e lode e media ponderata non inferiore a 108/110. Il “bonus eccellenze” prevede l’esonero per 12 mesi dei contributi previdenziali e un limite di ben 8.000 euro.
Il lavoro da trovare non appartiene più e soltanto ai giovani ma riguarda un nuovo esercito, quello degli over 50, che quando perdono l’occupazione si trovano in grandissima difficoltà a rientrare nel mercato del lavoro. Questa dinamica racconta cambiamenti sociali e lavorativi in atto dei quali bisogna tenere conto.
Tuttavia, penso che gli incentivi fiscali dovrebbero essere previsti per un periodo di tempo più lungo per riavviare il circuito virtuoso di crescita legato al reddito e ai consumi, dal momento che il problema lavoro in Italia non è temporaneo, ma strutturale, se vogliamo fare un salto in avanti e rimane il tema della crescita e del tornare a fare impresa.
C’è poi l’esercito delle partite Iva e dei liberi professionisti, per i quali bisognerebbe creare strumenti nuovi di incentivazione ad assumere in proprio il rischio di impresa, non riducendo tutto e solo al controllo fiscale e ai sistemi elettronici, che se si trasformano in aggravio di costi, non restituiscono nessuna produttività.
Le misure del 2020 non basteranno a innescare un cambiamento di marcia significativo ma ci sono e speriamo che siano utilizzate a beneficio delle tante persone che stanno cercando di togliere incertezza al domani.
Maria Luisa Visione