
I social proliferano di ogni tipo di influencer, ma come vengono definiti e quali regole devono rispettare visto il largo pubblico che possono incontrare via web?
Partiamo dalla definizione di influencer per la quale non esiste una disciplina specifica, applicando l’interpretazione della sentenza del 4 marzo 2024 del Tribunale di Roma, per cui l’impresa che si avvale contrattualmente di un influencer persegue lo scopo di acquisire come propri i followers dell’influencer stesso. Ovvero, tramite post e reels viene data visibilità a prodotti e servizi sui canali social e sui blog personali, con una vera e propria attività di marketing influenzando le decisioni di acquisto degli utenti.
Quando l’influencer ha una mandante di cui promuove contrattualmente i prodotti è riconducibile alla qualifica di agente, ex art. 1742 c.c., determinando la relativa disciplina contrattuale e quindi l’applicazione degli obblighi di contribuzione previdenziale in capo alla società mandante.
Per gli influencer finanziari, i “fin-influencer” l’aspetto su cui focalizzare l’attenzione è il tema dei rischi, dalla trasparenza alle regole di condotta applicabili.
Tuttavia, a livello europeo i lavori sono in corso; la Francia ha disciplinato i requisiti specifici di tale figura professionale e i divieti (cosa non si può fare); il Portogallo ha ribadito che l’attività pubblicitaria e promozionale finalizzata alla stipulazione di contratti di intermediazione finanziaria essendo attività riservata si riconduce all’intermediario, pubblicando una guida per gli investitori con sezione dedicata ai fin-influencer e al loro ruolo nella relazione con i clienti. Gli altri Stati sembra attendino un intervento comunitario.
Se la sentenza citata inquadra il contratto dell’influencer che promuove prodotti bancari, finanziari e assicurativi nel contratto di agenzia, è lecito dedurre che, come accade per i consulenti finanziari, gli agenti finanziari, gli agenti assicurativi, anche i fin-influencer dovrebbero essere in possesso di determinati requisiti di professionalità e competenza, piuttosto che autorizzazioni, iscrizione ad albi/elenchi tenuti dalle autorità di vigilanza, che disciplinino le loro regole di comportamento e rispettino la trasparenza.
La riflessione che pongo è che l’importanza dell’impatto patrimoniale che può avere la sottoscrizione di determinati prodotti bancari, finanziari e assicurativi, non può essere esentata da tutta la rivoluzione che Mifid ha cercato di portare nei portafogli dei potenziali clienti, in ottica di tutela.
A mio avviso, quando l’attività rivolta al pubblico si inquadra nell’ambito di quanto già avviene per le figure professionali abilitate e si configura come attività continuativa di promozione di prodotti e servizi di investimento, il consumatore finale va tutelato. Occorre, cioè, che il cliente possa decidere in maniera informata e consapevole senza che manchi il controllo di vigilanza. Applicando, nel caso dell’Italia, le norme del Testo Unico della Finanza e dei Regolamenti di attuazione.
Unica distinzione è se si tratta solo di mera pubblicità, ma il confine potrebbe essere sottile.
Tradotto: i requisiti professionali e di esperienza di un influencer finanziario dovrebbero qualificarlo prima della sua modalità di comunicazione.
Dunque, per chi lo vede come il lavoro del futuro occhio alle tutele! Sia per chi esercita che a favore di chi riceve il servizio.
Maria Luisa Visione