Che l’Italia sia un osservato speciale per l’Europa in vista della definitiva manovra di bilancio non è una notizia e credo che tutti ormai abbiano capito che non ci sono margini di negoziazione per noi nel sistema europeo così congegnato.
Tuttavia, riesce ancora a sorprendermi come, chi ha il potere della conoscenza, non abbia alcuna riluttanza a dichiarare senza problemi ciò che non funziona e a riproporlo.
L’agenzia di rating Standard & Poor in un recente report sui Paesi della zona Euro, paragona l’Italia alla Grecia, come se le due situazioni siano oggi confrontabili in termini di rischio Paese. Ma, nell’incipit, afferma che “al momento per l’Italia il problema non è uno scenario di crisi da debito pubblico”.
Ed è vero; non è prospettabile che la situazione precipiti a causa del debito pubblico in quanto, affinché le banche italiane si trovino nella condizione di non poter più ricevere denaro dalla BCE, il rating di tutte le 4 agenzie DBRS, Fitch Ratings, Moody’s e Standard & Poor’s dovrebbe portarsi contemporaneamente al di sotto del livello investment grade (BBB-). Condizione che porterebbe con sé l’impossibilità per l’Eurosistema di acquistare i Titoli di Stato italiani, con la conseguenza per l’Italia di non avere più la liquidità necessaria a rifinanziare il debito pubblico in scadenza.
Però, nonostante la conferma del merito di credito dei titoli di Stato italiani al livello BBB sia di Fitch Ratings che di Standard & Poor’s, nel report si sottolinea che l’outlook è negativo, cioè che la previsione di stabilità finanziaria potrebbe peggiorare nei prossimi mesi facendo rivedere il rating al ribasso.
Il paragone con la Grecia allo stato attuale non sussiste, dato che il debito greco fu declassato a junk bond nel 2010, e, nonostante questo, la Grecia è rimasta nell’UE, perché alla fine, attraverso il FMI e la stessa UE, si è provveduto al salvataggio interno sotto forma di prestito. Per completezza, la BCE smise di erogare credito alla Banca centrale greca nel 2015.
Ma per l’appunto nel report di Standard & Poor si fa riferimento al fatto che l’adesione dell’Italia all’Area Euro potrebbe essere messa in discussione da altre due cause: l’introduzione di una valuta parallela e misure di bilancio senza copertura finanziaria (fonte Ansa). Il ragionamento si basa sulle inesistenti o limitatissime prospettive di crescita del nostro Paese, fanalino di coda negli ultimi 20 anni rispetto agli altri Stati dell’Unione e sulla cosiddetta incapacità dei policymaker di cambiare la situazione, in pratica dei politici italiani di creare le condizioni per rilanciare la crescita.
Trovo sconcertante che si dichiari che all’interno dell’UE non è possibile utilizzare la leva della svalutazione monetaria, ma solo quella della crescita, dandone la spiegazione: l’Italia, come tutti i Paesi della zona Euro, ha il suo debito pubblico denominato in euro, quindi, non può ridurre il peso reale del suo debito pubblico rispetto a paesi che hanno il controllo della propria valuta. Di conseguenza, l’unica strada rimane la crescita.
Lo trovo paradossale perché dopo aver imposto politiche di austerità insostenibili e insopportabili per la popolazione greca, che è la vera vittima ancora senza giustizia, la Grecia ha ricevuto i finanziamenti per il salvataggio dal FMI e dalla stessa UE. Non poteva riceverli tutti prima di verificare che le politiche di restrizione adottate anziché far ripartire l’occupazione e la crescita, avevano l’effetto contrario e riducevano protezione sociale e diritti?
Se una moneta parallela fosse in grado di creare crescita, che è la chiave per la soluzione, perché diventa un problema per mantenere intatto l’attuale rating?
Maria Luisa Visione