Che per la Banca Popolare di Bari si tratti di amministrazione straordinaria e non di bail-in, non fa molta differenza per le persone. L’impatto è quello di sempre: non si riesce a capire come sia possibile che una banca, in escalation tra il 2011 e il 2015, con acquisizioni e piani di sviluppo ritenuti ancora una volta la ricetta giusta, posizionata tra le prime dieci banche popolari meno di quattro anni fa, venga commissariata dalla Banca d’Italia in un venerdì sera come tanti, aprendo una crisi di emergenza profonda.
La causa del dissesto è la solita: gestione “opaca” o “mala gestio”, vale a dire finanziamenti concessi senza adeguate garanzie, bilanci non veritieri, presunte operazioni e comunicazioni al mercato non trasparenti, a stretta mano con il sottofondo dei giochi di potere. Su tutto questo indagherà l’autorità giudiziaria, ma non basterà di certo a ripristinare la fiducia di correntisti e risparmiatori che oggi si trovano di fronte a una contraddizione insostenibile, cioè che una banca, il posto più sicuro del mondo dove custodire i loro soldi, è a rischio, sia per coloro che sono nella rete, che per quelli, che si trovano al di fuori. Non cambia di molto la moneta che si ha paura di trovare nelle tasche, perché il dubbio che insorge è cosa sia stato fatto o non fatto prima, per evitare il disastro.
Le persone si chiedono come mai, nonostante regole ferree, coefficienti patrimoniali europei sotto osservazione, controlli attivi da parte delle autorità di vigilanza, si arrivi a questo punto; si chiedono cosa non funziona oltre al perché e, questa, è la vera domanda a cui si ha l’obbligo di rispondere.
In effetti, il rosso dei conti dell’istituto pugliese dura da più tempo, anche se esplode a giugno del 2019 con ratios di bilancio sotto soglia di equilibrio. Il commissariamento deciso da Banca d’Italia consente la normale operatività dell’istituto bancario e cerca di rassicurare sull’impegno delle istituzioni di portare a casa la ricapitalizzazione della banca, con soldi pubblici o privati, evitandone la liquidazione coatta.
Dalla parte di chi è deputato a trovare una soluzione il rischio sistemico, la paura del contagio, rappresenta il criterio guida, ma per coloro che la soluzione la devono ricevere, il sistema ha già fallito, perché si trovano di fronte a un bivio: avere fiducia e aspettare oppure agire e salvare il salvabile.
Purtroppo, come è accaduto nei precedenti salvataggi bancari italiani, ognuno individualmente farà una scelta, dettata da ragioni personali. Soltanto nei prossimi mesi vedremo gli esiti economici e finanziari di un ennesimo caso di cattiva gestione messa in campo da chi dovrebbe porre al centro correttezza, veridicità e trasparenza, e dalla mancanza di controllo effettivo da parte di chi, invece, avrebbe il compito di prevenire e intervenire non appena insorgono i primi sintomi della malattia.
Saremo tutti bravissimi a ricostruire i fatti e a ricercare le responsabilità; chiederemo con forza e tenacia che chi ha sbagliato paghi, ma il nuovo punto segnato verso l’incertezza è un boccone amaro da ingerire.
Mentre si prova a mettere una pezza, un altro pezzo di fiducia, per molti sta volando via.
Quindi, quale rischio sistemico è stato salvaguardato?
Maria Luisa Visione