A undici mesi dall’emergenza sanitaria, siamo cambiati tutti.
Sono cambiate le percezioni, le emozioni, le aspettative. Sono emersi lati di noi stessi a volte sopiti, altre contenuti. Forse non siamo stati sempre migliori di ieri. Forse, ciò che siamo davvero nel profondo è emerso con forza, sia nel bene che nel male. Non si spiega a parole come e quanto siamo cambiati: lo sentiamo dentro e lo vediamo attorno a noi, nelle maschere che coprono i sorrisi.
Allora, trattando di economia, possiamo guardare al filo che si è disegnato nei primi sei mesi del 2020, per prendere atto che ognuno di noi ha affrontato, con i propri strumenti, una pagina di crisi più grande di qualsiasi proiezione immaginabile.
Durante il semestre buio, il reddito delle famiglie ha registrato la contrazione più forte degli ultimi venti anni, solo parzialmente contrastata dalle misure di sostegno pubblico. Se paragoniamo tale contrazione alle fasi più acute avute, sia durante la crisi finanziaria 2008-2009 che nel periodo della crisi dei debiti sovrani nel 2012, abbiamo un calo dell’8,8% verso, rispettivamente, quello del 5,2% e del 3,4% delle crisi precedenti. Se la vogliamo guardare da contabili, significa il 69% di riduzione in più dei redditi rispetto alla crisi finanziaria, uno dei momenti più difficili della nostra storia economica.
Sono numeri da brividi. Il reddito è il nostro capitale umano, è l’espressione di tutto il percorso personale e professionale fatto nella nostra vita che si traduce in denaro e che rappresenta la base per i progetti, per costruire una linea di ricchezza che altro non è che il significato in cifre del nostro lavoro e della nostra persona. Per questo non si tratta sempre e solo di guadagnare poco o tanto, ma di sogni e di futuro, di prospettiva in avanti, dove all’interno si coniuga il valore quantitativo del reddito e il valore etico della dignità umana: la soddisfazione individuale, il sentirsi parte del mondo e il sentirsi nel mondo.
A fronte di tale riduzione del reddito, tuttavia, è triplicato il tasso di risparmio, contrariamente alle due crisi precedenti. Andamento che trova spiegazione in un calo dei consumi eccezionalmente ampio e in un atteggiamento di cautela importante che denota il nostro animo prudenziale; una sorta di DNA da risparmiatori italiani che ci portiamo dietro da qualche generazione, a dimostrazione di non essere affatto un popolo di spendaccioni, anzi. Così la ricchezza finanziaria netta, nello stesso periodo, è cresciuta con l’aumento più forte di circolante dall’avvio della moneta unica e dei depositi dal 2012, soprattutto nella fascia tra 12,5 e 50 mila euro; un tesoretto prontamente disponibile.
Inoltre, nella prima metà del 2020 le famiglie hanno riacquistato Titoli di Stato per 5,1 miliardi di euro (concentrandosi nel secondo trimestre) e venduto altri titoli per 11,6 miliardi.
Per completare il quadro, nello stesso semestre i profitti delle imprese sono scesi del 18%, con contrazione della spesa per investimenti lordi e accumulo di risparmio finanziario. Il loro valore aggiunto ha registrato un calo quasi doppio rispetto a quello già eccezionale del primo semestre del 2009.
Di fronte a questi numeri ognuno tragga le proprie conclusioni.
A me piace pensare che siamo più forti di quello che crediamo e che, seppur manca ancora molta strada per riveder le stelle, la vita è sempre e solo in avanti e la speranza è non sentirsi mai sopravvissuti ma sempre guerrieri.
Maria Luisa Visione