L’amore per le obbligazioni, e in particolare per i Titoli di Stato degli investitori italiani, si è riaffermato con forza dopo il ritorno dell’inflazione.
Rispetto al 2021, ad agosto 2025, le famiglie e le imprese italiane detenevano 442,4 miliardi di euro di Titoli di Stato, pari al 14,4% dell’ammontare totale emesso. Un dato che è pari quasi al doppio rispetto al minimo registrato nel 2021 (Fonte: Fabi).
Ma quali sono le ragioni per cui dalla disaffezione mostrata fino a quel momento si è innescato un interesse così virale? È solo una questione legata al rendimento interessante, aumentato grazie al rialzo dei tassi di interesse, o c’è di più?
Anche le ultime emissioni sono andate a ruba, tanto che, dal 2023, il Btp valore è stato collocato per un totale di 93 miliardi di euro.
L’innesco della spirale, a mio avviso, si è avuto, di certo, quando il rendimento offerto è tornato positivo, sia in termini nominali che reali, dopo le perdite sostenute nel 2022, e in un momento di grande incertezza economica, causata da un aumento repentino dei prezzi, inaspettato e impattante sul concetto di sicurezza.
Sì, perché, quando parliamo di rendimento, è la percezione che prevale, e nel caso dei Titoli di Stato per la maggior parte dei risparmiatori, il rendimento legato a questa tipologia di strumenti finanziari è considerato “sicuro”. Ma non è l’unica ragione. Tali strumenti finanziari risultano facilmente comprensibili, non hanno costi di gestione, si sottoscrivono in regime di risparmio amministrato, hanno una tassazione favorevole, e commissioni più basse rispetto al risparmio gestito. Tutti elementi che ne determinano una percezione di “bontà” senza entrare in meccanismi di comprensione finanziaria evoluti, ma magari distanti, dal livello di conoscenza e competenza necessari per comprenderli.
In realtà, per gli addetti al settore, non è proprio così, in quanto il miglior investimento in assoluto non esiste, e ogni strumento finanziario, ha in sé dei rischi che non sono solo legati all’andamento dei mercati finanziari. Il grande ritorno trova la sua motivazione principale nel concetto del rimborso del capitale alla pari, che fa superare anche durate lunghissime, in quanto, pur variando il prezzo nel durante dell’investimento, ciò non importa se, alla fine, i soldi rientrano così come sono stati prestati.
Infatti, in generale, le obbligazioni risultano ben diffuse in tutti i portafogli, in tutte le regioni e in tutte le classi di reddito e di età, a differenza delle azioni, che sono ancora meno note, più difficili da comprendere, a causa del basso livello di alfabetizzazione finanziaria, ma, anche, e soprattutto, aggiungo, del Bias cognitivo legato alla variabilità del capitale, percepito come dannoso, a priori.
Di fatto, il rischio di mercato e le oscillazioni del capitale riguardano tanto le azioni che le obbligazioni, con volatilità diverse, a seconda dell’andamento dei tassi di interesse, ma il fatto che l’emittente promette di restituire il capitale prevale sulla certezza che, magari, quel capitale rispetto al tempo dell’investimento e all’inflazione reale, non tornerà con lo stesso valore iniziale, vittima di “illusione monetaria”.
Così come, il rischio di liquidità, per antonomasia, non è contemplato nella percezione dell’investitore che compra il Titolo di Stato: “Posso venderlo in qualsiasi momento”; percezione analoga al rischio di credito legato alla capacità di rimborsare il capitale data dalla solvibilità dell’emittente: “Lo Stato non fallirà mai”.
L’aspetto fondamentale rimane che ogni convincimento allontana dalla regola principe dell’investitore consapevole, ovvero, applicare la “diversificazione”. Il rischio reale è avere un portafoglio di soli Titoli di Stato con scadenze diverse, ma con maggior grado di concentrazione rispetto ai reali rischi esistenti e alla reale sopportabilità, dalla volatilità, al rischio di credito, alla liquidabilità del capitale in tempi brevi senza perdite e alla copertura del rischio da inflazione.
In conclusione, se da una parte interpretare questa tendenza porta a riflettere sull’importanza del concetto di “fiducia”, dall’altra, emerge un forte bisogno di educazione finanziaria e di pianificazione verso gli obiettivi di vita.
Perché pensare che un solo strumento sia adatto a qualsiasi esigenza, di per sé potrebbe portare a errate convinzioni e ad altrettanti comportamenti poco funzionali alla reale costruzione di un benessere finanziario stabile.
Maria Luisa Visione


