Avevamo chiuso il 2019 con una decisa contrazione dei crediti deteriorati che lasciava ben sperare rispetto al confronto storico con la crisi, che a fine 2007, aveva segnato uno scenario di doppia recessione nei 5 anni successivi, crisi significativa che non ha lasciato indenni né le banche, né i cittadini e tantomeno i risparmiatori.
Effetto dovuto principalmente alla cessione ingente di tali posizioni problematiche da parte delle banche italiane, in sintonia con le indicazioni delle Autorità di vigilanza e del favore del mercato pronto ad accogliere nuove cartolarizzazioni in uno scenario che sembrava lasciarsi il peggio alle spalle.
2019 concluso con bilanci delle banche più leggeri in vista degli stress test europei previsti nel 2020 e cauto ottimismo sulla crescita del Bel Paese, tanto da migliorare il nostro CET1 medio e ridurre il divario con la media delle banche europee sulla solidità patrimoniale.
Sotto uragano Covid, il 20 marzo scorso, il Fondo Monetario Internazionale ha pubblicato i risultati relativi alla valutazione periodica del settore finanziario dell’Italia, con particolare attenzione al rischio sistemico e alla gestione di eventuali crisi bancarie. In sintesi, pur ravvisando un miglioramento della qualità patrimoniale delle banche italiane, il FMI ha sottolineato ancora l’esistenza di vulnerabilità, soprattutto a causa dei bassi margini di redditività del settore. Inoltre, ha confermato l’orientamento di limitare al minimo possibile l’utilizzo delle risorse pubbliche ai casi in cui potrebbe essere messa in pericolo la stabilità finanziaria, sconsigliando di avvalersi dei sistemi di garanzia dei depositi a tutela preventiva delle crisi, che invece, sia secondo il MEF che secondo la Banca d’Italia, servono proprio a scongiurare dissesti e ad evitare l’intervento pubblico.
Rimandati gli stress test al 2021 per tutti, c’è da chiedersi come le nostre banche, che sono imprese a tutti gli effetti, affronteranno ciò che resta di questo anno nebuloso.
Non abbiamo i numeri economici e finanziari reali definitivi per adesso, ma provando a immaginare il secondo semestre, dobbiamo mettere in conto che, per tutti, e soprattutto per le banche di medie dimensioni, si affacciano aumenti probabili di NPL.
Quindi, in questa fase si sta giocando una partita che non è sempre visibile agli occhi.
C’è chi sta accantonando in bilancio le coperture necessarie per far fronte alla situazione di possibili inadempienze e riscossioni, a causa delle aumentate difficoltà di aziende e privati di fronte a questa situazione economica difficilissima.
C’è chi, invece, è in fase finale dal liberarsi di questi crediti deteriorati in parte significativa, una volta per tutte, risanandosi per rappresentare un buon partner nel futuro.
E poi c’è chi cerca un matrimonio per rafforzarsi, in vista di traghettarsi più forte in questo oceano di alte onde, verso una veste più consolidata, ma non è cosa facile trovare il giusto connubio.
Così sotto il sole di probabili fusioni anche il mondo delle banche italiane cambierà.
E dopo questa pandemia ritroveremo nuove insegne e nuovi uffici, ma anche meno filiali e un mondo più digitale.
Certo è un’accelerazione in corso, ma dove non arriveranno i matrimoni, confidiamo almeno che le autorità europee ci vengano incontro nella valutazione dei rischi, dato che, in corso d’opera, non potranno diminuire.
Maria Luisa Visione