Comprendere l’economia non è cosa semplice per la maggior parte delle persone.
Tuttavia, gli effetti nella vita quotidiana portano, in molti, ad interrogarsi sul perché le decisioni di politica monetaria non hanno effetto sull’andamento dell’economia reale. In molti aspettano da almeno dieci anni di non abbassare la saracinesca, di non chiudere l’ufficio, l’attività, o l’impresa.
Proviamo allora a capire le ultime decisioni del Consiglio Europeo della riunione di settembre scorso.
- I tassi di interesse sui depositi delle banche presso l’Eurosistema scendono di 10 punti base a -0,5%; sono negativi da giugno 2014.
- Da novembre la BCE riprenderà gli acquisti delle attività finanziarie sul mercato aperto, con l’obiettivo di 20 miliardi di euro al mese.
- I nuovi finanziamenti a medio termine alle banche, portati a tre anni, saranno erogati a un costo più basso (da -0,5%fino a 0).
- L’introduzione del cosiddetto “tiering” sulle liquidità in eccesso detenute dalle banche presso l’Eurosistema, cioè di una remunerazione a tassi nulli e non negativi, allo scopo di non produrre effetti sfavorevoli sui bilanci delle banche, e di conseguenza sull’erogazione del credito a famiglie e imprese.
- La conferma di mantenere i tassi di interesse ufficiali su livelli pari o inferiori a quelli attuali finché l’inflazione non si porterà in modo duraturo su un livello prossimo al 2%.
Cosa ha condotto verso queste decisioni? Il quadro generale di rallentamento economico molto più marcato rispetto alle aspettative dell’anno precedente e la bassa inflazione. Condizioni che paventano all’orizzonte un nemico più grande: la deflazione, da scongiurare. Tradotto: flessione accentuata della produzione e dell’occupazione che può condurre a un calo dei prezzi e dei salari, ovvero si rimandano i consumi e se non crescono ricavi e redditi aumenta la difficoltà di restituire i finanziamenti in corso. Quando si genera l’aspettativa che i prezzi dei beni e servizi continueranno a scendere non si compra, ma questo non è un bene, perché se le imprese abbassano troppo i prezzi non avranno ricavi sufficienti e, per loro, rimane solo la strada del taglio dei costi, quindi, scendono i salari ma cresce la difficoltà di accedere ai finanziamenti e pesano i costi di quelli in corso.
In sostanza oggi la paura è che l’inflazione resti troppo bassa e di fronte a questo scenario emerge che l’efficacia dei tagli dei tassi diventa dubbia, mettendo in luce una persistente debolezza dell’economia. E la possiamo girare come ci pare, ma alla fine, la politica monetaria che ha perseguito con decisione l’obiettivo di stabilità dei prezzi non ha risolto il problema della crescita della domanda aggregata di beni e servizi. Che traslato nelle nostre vite significa che se i tassi di finanziamento sono bassissimi ma non hai reddito per ripagare i prestiti perché non vendi beni e servizi o non hai entrate sufficienti, non accedi al credito. Inoltre, le banche pagando sulle riserve obbligatorie tassi negativi e non avendo margini di tasso attivo sui depositi della clientela, si trovano ancora davanti lo spettro della crisi finanziaria, nonostante abbiano eliminato buona parte dei crediti deteriorati. In questi giorni si parla molto dell’applicazione di tassi negativi sui depositi dei risparmiatori, tanto che dovremmo chiederci: ma i costi di queste scelte chi li sta pagando?
In conclusione, alla politica monetaria europea non rimane che acquistare attività finanziarie sul mercato, quantomeno per contrastare l’incertezza attuale. Si ripropone cioè una strada già percorsa in precedenza che non ha funzionato.
Riusciranno queste ultime decisioni di politica monetaria e il “tiering” a sostenere il ciclo economico, considerando che in passato non hanno avuto l’effetto desiderato?
Maria Luisa Visione