In molti pongono un’unica domanda, che, in realtà è quasi una constatazione: “Ma a settembre cosa succederà? Come a chiedere se andrà meglio, ma si chiede sottovoce, perché tra le pieghe di questo interrogativo si nasconde il timore che la notte non sia passata affatto.
Sembra questa la sensazione, di essere ancora appesi a un filo, e anche fra i più ottimisti, dopo l’annuncio dello stato di emergenza in proroga, si è avuto più di qualche scossone.
Così è arrivato lui, l’ultimo Bollettino della Banca d’Italia, fonte autorevolissima, a dipanare la matassa.
Non è tanto la presa d’atto di come è andata che ci interessa in questo momento, quanto le prospettive, quelle di breve periodo, da qui a due anni, soprattutto.
Gli scenari sono due; il primo prevede che la pandemia rimanga sotto controllo, sia a livello globale che nazionale, e che gradualmente si rimuovano le misure di contenimento, attenuandosi costantemente gli effetti economici negativi. Tuttavia, tale scenario, ha come punto di partenza alcune evidenze, non trascurabili. Per farla breve, 11 settimane di lockdown hanno sortito i seguenti effetti:
- una perdita del valore aggiunto delle attività produttive del 5%;
- una caduta nel commercio globale della domanda estera del 13,5%, che si sostanzia in una riduzione di 2,3 punti percentuali di PIL;
- una diminuzione di PIL connessa ai flussi turistici stranieri e all’indotto lavorativo del 2,5%;
- un peggioramento della fiducia e un aumento dell’incertezza che costano uno shock sulle decisioni delle imprese, pari a una contrazione di un altro 2,2% di PIL;
- infine, l’effetto positivo della politica di bilancio che attenua la contrazione del PIL per il 2,1%.
A conti fatti, siamo al -9,5% di PIL per il 2020. In questo scenario, considerato positivo, si presuppone che le condizioni finanziarie non si deteriorino, che non ci siano diffusa insolvenza tra le imprese e forti irrigidimenti nel credito, e non vengono considerate misure europee in corso d’opera quando ci sarà l’accordo, quali il Next Generation EU (Piano per la ripresa dell’Europa). Ma per vedere l’inizio di una qualsiasi alba c’è da scollinare il 2022.
Passiamo adesso allo scenario avverso. Se l’epidemia si protrae, dovendo restringere di nuovo le misure di contenimento, con conseguente sospensione delle attività economiche, la previsione vede maggiori ripercussioni negative sulla fiducia delle famiglie e delle imprese, cali più consistenti nel commercio mondiale (con strozzature alle catene del valore), mancata ripresa dei flussi turistici, forte deterioramento delle condizioni finanziarie, insomma, un -13,5% di PIL, con un parziale recupero del 3,5% nel 2021 e del 2,6% nel 2022. Il tasso di disoccupazione, in entrambi gli scenari, è sempre in salita fino al 2022.
Quindi, non so cosa succederà a settembre, ma sembra che la politica di bilancio, ad oggi, abbia a malapena tamponato un impatto che, anche nella migliore delle ipotesi, appare paragonabile ad uno tsunami.
Penso che ritorneranno i “facciamo presto” e i “salviamo il salvabile”, con la conseguente necessità di trovare accordi europei per avere denaro. E penso anche che i soldi per il piano di rilancio li raccoglierà l’UE sui mercati finanziari per il 2021-2024, come proposto dalla Commissione Europea.
Poi penso al grande Antonio De Curtis e ai suoi uomini, ominicchi e quaquaraquà…ma questa è un’altra storia.
Maria Luisa Visione